All’Associazione Famiglie Insieme

 

 

In risposta alla vostra comunicazione dell’8 giugno 2004

 

 

Ho letto con attenzione e, debbo dire, anche con un po’ di sofferenza la lettera che mi è pervenuta in questi giorni e che chiama tutti gli associati a “vivere” maggiormente la realtà dell’Associazione.

Credo che l’invito e la riflessione siano giusti e condivisibili. E proprio perché sento l’Associazione come qualcosa che ancora mi appartiene, ho inteso scrivere questa breve nota per far conoscere a tutti voi il mio pensiero, spero costruttivo.

Non ho pretese di alcun tipo, né oso pensare di possedere la chiave di soluzione per questioni molto complesse. Cercherò solo di esprimere, spero chiaramente, il mio pensiero perché possa, eventualmente, rappresentare “momento” di riflessione e di approfondimento comune.

Parto da due esperienze dirette per poi collegarle alla situazione rappresentata.

La prima riguarda la richiesta formulata da una coppia che frequenta la mia Parrocchia. Mi è stato chiesto: «Che cosa significa iscriversi all’Associazione Famiglie Insieme?». Mi sono reso conto che le risposte possibili vertevano solo su quello che faceva l’Associazione: la solidarietà, l’assistenza, la partecipazione a incontri che riguardano la famiglia…

Stesso discorso durante un incontro organizzato quest’anno a Sassone a cura della CEI, con la partecipazione di molte Associazioni e Movimenti impegnate nel campo della famiglia. Anche qui non sono riuscito ad intravedere niente che non fosse un “fare”. Tutti i partecipanti hanno, invece, mostrato di possedere un nucleo forte di spiritualità, nucleo originato - il più delle volte - dagli scritti di un padre fondatore, da uno statuto, da un cammino intrapreso. Su questo nucleo ogni movimento (o associazione) ha trovato le ragioni dello stare insieme. Da qui si sono mossi gli incontri, gli approfondimenti, gli scritti, che hanno finito col rappresentare l’essere (non il fare) del movimento stesso. Poi sono venute le varie iniziative di aiuto, di assistenza e così via. Ma solo dopo!

Ho ripensato allora alla nostra partenza, dieci anni fa. Quello che ci ha tenuti uniti e ci ha reso amici era l'incontro con la Parola. Magari solo una volta al mese, ma era una gioia. Varie sono state le iniziative su questo versante, iniziative che non hanno precluso il fare, ma lo hanno facilitato e reso possibile proprio perché davano una risposta a quella che era la ragione del nostro stare insieme.

Poi tutto questo si è affievolito, fino praticamente a sparire. Ecco allora che posso meglio comprendere le difficoltà che oggi l’Associazione ha nel rispondere alla domanda: “dove vogliamo andare?” Se non si hanno “radici” riconosciute e visibili in grado di sostenere lo sviluppo e il cammino, perde di senso anche l’andare! Andare dove, e perché? Perché faticare ed impegnarsi? Ed il darsi da fare in una certa attività dell’Associazione, come consente di stare uniti al resto, a tutti gli altri associati? Quello che è certo è che i vari “impegni e attività” non possono essere il collante in grado di dare unità e prospettiva.

Né è sufficiente dire che siamo famiglie, famiglie cristiane, per dare valore e forza al nostro essere Associazione.

Leggo nella relazione inviatami:

«Per creare, rinsaldare e rendere fruttifero il clima di amicizia a cui il presidente si è più volte richiamato si ritiene importante avere occasioni periodiche di incontri, possibilmente in sede, per approfondire temi di spiritualità…».

E ancora:

«Si potrebbero riprendere i progetti avviati e che erano partiti molto bene, ma che poi hanno perso smalto subito dopo il convegno diocesano del giugno scorso. Filoni di attività proponibili possono essere: a carattere spirituale incontri di spiritualità familiare per i soci…»

Ed infine:

«la realizzazione di un piano formativo a carattere spirituale e tecnico organizzativo…»

Forse mi sbaglio, ma la spiritualità, qui, è ancora un fare: un filone di possibili attività; una spiritualità successiva (non ontologica) al nostro esistere come Associazione; una spiritualità possibile, ma non necessaria.

Credo allora che l’Associazione abbia fatto bene a fermarsi un momento per riflettere sulle ragioni del proprio esistere. Qui si gioca il futuro ed il superamento di quella sensazione «di un sempre maggior distacco, di una cesura, di una mancanza di coralità associativa» che emerge dalla sintesi dei lavori assembleari.

Dobbiamo chiederci, con onestà, se pensiamo veramente che la spiritualità - per una associazione come la nostra che si muove in ambito cristiano - sia un riferimento che non ha grandi impatti sulla realtà concreta di tutti i giorni. O se invece la spiritualità non sia, come di fatto è, il modo concreto di manifestare la presenza di Dio nella nostra vita.

Ed allora, che cosa il Signore ha in mente per la nostra Associazione? Solo la preghiera e la meditazione potranno aiutarci a capire il senso dell’attuale travaglio e ad individuare le possibili vie di uscita.

Ma è necessario accompagnare, con convinzione e fiducia, questa riflessione e questa ricerca: per trovare, all’interno della Parola e dell’universo familiare, un ambito specifico che rappresenti il cuore, il riferimento costante del nostro cammino spirituale; per comprendere e approfondire, con gradualità e pazienza, le ricchezze che si nascondono nel percorso individuato; per rispondere, con coraggio e responsabilità, alla chiamata che la Parola ci farà costantemente sul piano della vita.

Non un incontro o più incontri di spiritualità familiare. Ma un fondamento forte; una base di riferimento in cui sia possibile riconoscersi; una strada comune percorsa nel segno del Signore; un ormeggio e un aiuto nei momenti di difficoltà; una bussola che salvi quando si perde l’orienta-mento. Un cammino in Cristo, da cui possano poi irradiarsi tante concrete e forti iniziative operative.

Questa è la proposta che sento di fare per tentare di superare le nostre difficoltà e per dare un senso compiuto al nostro stare insieme.

Ed è inutile qui rispondere anticipatamente ad obiezioni, anche fondate, che si possono opporre a queste riflessioni. Solo se si intravede un possibile margine di confronto, il problema può essere aperto e sviluppato in tutte le sue possibili implicazioni; solo se la strada offerta mostra un minimo di praticabilità, può risultare utile fornire chiarimenti.

Ed è per questi motivi che mi fermo qui, nella speranza che, comunque, l’Associazione possa trovare nelle proposte dei suoi associati quella linfa in grado di rigenerarla e spingerla avanti.

Un saluto e un abbraccio a tutti.

 

 

 

                                                                                                                      Giuliano Grandi

 

 

Roma, 15 giugno 2004

 

Lettera 8 giugno 2004
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