I l benessere della società dipenderà in futuro dal grado di rafforzamento della vita familiare. È questo il senso del costante richiamo di Benedetto XVI. Ne consegue che, facendo nostre le parole del Papa, ogni speranza di rinnovamento della società, che non aderisce al piano di Dio sul matrimonio e la famiglia, è destinato a fallire, poiché è anzitutto lì che si realizza la dignità della persona, donata da Dio, e in cui può nascere e crescere quell’autostima essenziale per qualsiasi rapporto adulto e maturo.
Infatti il matrimonio e la famiglia, ha affermato il Papa “svolgono un ruolo insostituibile nell’educazione dei giovani, combinando autorità e sostegno affettivo, e trasmettendo agli stessi quei valori indispensabili allo sviluppo della persona e del senso del bene comune, e che costituiscono i punti di riferimento necessari alla vita sociale”.
Conseguentemente, siamo chiamati tutti ad impegnarci nella promozione della vita familiare. Come famiglie “cristiane” dobbiamo “darci una mossa”; abbandonando il contrasto tra “il dire ed il fare”, passando ad una vita incandescente di coerenza, nella consapevolezza che la gente, mentre cerca affettuosa e sincera vicinanza per i propri affanni, trova spesso soltanto blandi analgesici.
Per contro, “...Solo la mia disponibilità ad andare incontro al prossimo, a mostrargli amore, mi rende sensibile anche di fronte a Dio. Solo il servizio al prossimo apre i miei occhi su quello che Dio fa per me e su come Egli mi ama” (Deus Caritas est, 18). E’ urgente allora, come famiglie, riscoprire il valore delle grazie ricevute: la fede (pensante ed operante), i figli (intesi come un valore e non come problema), i vari talenti di cui si dispone e la vita di coppia, superando i momenti difficili e le incertezze, nella consapevolezza che la famiglia è amore totale, gratuito e radicale, è sorgente di vita, è perdono, è in definitiva quella realtà in cui diverse generazioni si incontrano e si aiutano per raggiungere una saggezza umana più completa.
Com’è bello allora per la coppia costruire insieme, avendo ben chiare le regole del gioco dell’amore vero che sono: sacrificio, generosità, saper vedere il meglio dell’altro e saper donare all’altro il meglio di sé. “L’amore promette infinità, eternità - una realtà più grande e totalmente altra rispetto alla quotidianità del nostro esistere. Ma al contempo… sono necessarie purificazioni e maturazioni, che passano anche attraverso la strada della rinuncia” (ivi, 5). “Adesso l’amore diventa cura dell’altro e per l’altro. Non cerca più se stesso, l’immersione nella ebbrezza della felicità cerca invece il bene dell’amato: diventa rinuncia, è pronto al sacrificio, anzi lo cerca” (ivi, 6).
Nella Familiaris Consortio leggiamo “…tutti i membri della famiglia, ognuno secondo il proprio dono, hanno la grazia e la responsabilità di costruire, giorno per giorno, la comunione delle persone, facendo della famiglia una scuola di umanità più completa e più ricca: è quanto avviene con la cura e l’amore verso i piccoli, gli ammalati e gli anziani; con il servizio reciproco di tutti i giorni; con la condivisione dei beni, delle gioie e delle sofferenze” (n.21).
Di fronte a questo scenario preoccupante, espressione di una forza di affermazione del proprio egoistico benessere, “l’uomo è scoraggiato - scriveva Giovanni Paolo II - dal realizzare le condizioni autentiche della riproduzione umana ed è indotto a considerare se stesso e la propria vita come un insieme di sensazioni da sperimentare anziché come un’opera da compiere”. (Centesimus Annus 39).
Si collocano qui i matrimoni considerati “contratti a tempo”, “prove che durano quando durano”! Ma se una famiglia si chiude alla gioia dei figli, se non pone alla base della vita di coppia la fedeltà intesa come mantenimento dell’impegno assunto, può essere aperta e disponibile ai bisogni degli altri? Se vogliamo intendere sul serio la famiglia piccola Chiesa, essa non può essere chiusa in sé; l’io ed il tu debbono diventare un noi.
Ricordiamo la risposta di Dio alla solitudine dell’uomo; questi aveva a disposizione tutti gli alberi e i frutti del giardino terrestre ma “…non trovò un aiuto che gli fosse simile”(Cn 2,21) e Dio creò la donna. Ed ecco la famiglia: unione in quanto mutua donazione di due persone, consapevoli della necessità di dover ritrovare il senso giusto della libertà per andare incontro agli altri. Siamo spesso tutti famiglie “occupate”: nel lavoro, ma anche nelle convenienze sociali; occupate spesso senza un giusto equilibrio e senza giusta misura.
La famiglia deve sapersi aprire alle necessità della Parrocchia, espressione di una Chiesa che vive tra le case, senza trascurare nessuno, nemmeno quelli che per qualsiasi motivo ne vivono lontani.
La famiglia deve aprirsi agli altri anche nella dimensione civile, impegnandosi con i suoi membri nel mondo del lavoro con onestà, trasparenza e correttezza, dimostrando competenza, credibilità ed intelligenza, non trascurando l’impegno anche nelle strutture politiche. Purtroppo spesso la tentazione è forte e, di fronte ad uno scenario poco confortevole, si è tentati a tirarsi indietro, a lasciare che facciano gli altri.
Rileggiarno l’omelia di Benedetto XVI dell’agosto ’05 a Colonia: “…Poiché riceviamo il medesimo Signore... siamo una cosa sola anche tra noi. Questo deve manifestarsi nella vita. Deve mostrarsi nella capacità del perdono. …nella sensibilità per le necessità dell’altro. Deve manifestarsi nella disponibilità a condividere. Deve manifestarsi nell’impegno per il prossimo, per quello vicino come per quello esternamente lontano, che però ci riguarda sempre da vicino... Non dobbiamo abbandonare gli anziani alla loro solitudine, non dobbiamo passare oltre di fronte ai sofferenti... Non ci adatteremo più a vivacchiare preoccupati solo di noi stessi, ma vedremo dove e come siamo necessari. Vivendo ed agendo così ci accorgeremo ben presto che è molto più bello essere utili e stare a disposizione degli altri che preoccuparsi solo delle comodità che ci vengono offerte...”
Per tutto ciò occorre la preghiera, quella che proviene dal cuore e che vede in ogni uomo l’immagine di Dio sofferente sulla Croce nella luce della Risurrezione. Vogliamo fare di questa immagine lo slogan delle nostre famiglie nella convinzione che, se fossimo tutti convinti che è bello conoscersi, stimarsi ed aiutarsi, il mondo sarebbe radicalmente diverso?
Antonio Zappi
Presidente
Associazione Famiglie Insieme

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